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Ranocchia: “La sicurezza dei ciclisti? va promossa sui banchi di scuola”

La rubrica Quelli che la Coppa Piemonte…. che accompagnerà i protagonisti del più prestigioso granfondistico nazionale sino al termine della stagione 2017, inizia con l’intervista all’abbonato cuneese Bartolomeo Ranocchia (Gs Passatore).

Cuneo – Ha iniziato a pedalare dieci anni or sono, quando un amico gli ha regalato la sua bicicletta da corsa. Un regalo accettato con entusiasmo, pur non avendo la passione per lo sport delle due ruote. Era affascinato dalle imprese di Marco Pantani, che seguiva in televisione durante i grandi giri, ma non conosceva il movimento ciclistico amatoriale, l’attività di fondo e le gare in circuito.

La curiosità e la voglia di misurarsi con sé stesso e gli altri in sella a quella bicicletta conquista ben presto Bartolomeo Ranocchia, impiegato quarantenne che inizia così a pedalare al fianco di colui che gli ha regalato quell’appassionante mezzo. Dopo due anni di salutari uscite decide di mettersi in gioco e ottenuto il tesserino da cicloamatore partecipa ad una granfondo che si tiene nel comprensorio cuneese. “Ho pedalato per duecentocinque chilometri affrontando i 4400 metri di dislivello del percorso lungo. Soffrendo molto anche perché non avevo la preparazione ideale, ma proprio da questa sofferenza ho trovato la spinta per continuare a partecipare alle granfondo e affrontare i percorsi lunghi. Da cinque stagioni ormai sono tesserato con la società Gs Passatore, un fantastico gruppo di amici, retto da una persona straordinaria come Marco Bersezio coadiuvato da Marisa Sereno”.

  • Cosa è per lei l’attività amatoriale?

“Un affascinante attività sportiva da condividere con altri appassionati, pedalando lungo le stesse strade, ma con traguardi diversi. Praticando questo sport ho potuto costatare che la parte migliore di ogni esperienza è sempre nelle persone che si incontrano e nel piacere di condividere con altri le emozioni, la fatica, la gioia di aver raggiunto un traguardo. Sensazioni che non ho trovato nelle altre discipline in cui mi sono misurato”.

  • Quali sono le difficoltà maggiori che incontra per allenarsi?

“Come la maggior parte degli appassionati di questo sport, devo far coesistere famiglia, lavoro e passione sportiva. Dunque posso allenarmi al termine dell’attività lavorativa sottraendo magari qualche ora alla famiglia e al mio tempo libero. Spesso esco in bici da solo e ogni volta è come fare un viaggio all’ interno di me stesso. Durante il quale ripercorro alcuni momenti della mia vita e della società che mi circonda o riesco ad analizzare a fondo delle problematiche a cui dare una risposta. Dopo la morte di Michele Scarponi ho più volte pensato a come tutelare la sicurezza di noi ciclisti in gara e durante gli allenamenti”

  • E le risposte?

“Credo che il primo passo da fare sia quello di incentivare l’educazione stradale nelle scuole, partendo da quelle elementari. Iniziare ad educare il bambino, sicuramente futuro automobilista, forse anche ciclista, al rispetto dei diversi soggetti che utilizzano giornalmente le strade. Il ciclista non è un ostacolo alla circolazione veicolare, ma una persona che svolge attività sportiva e forzatamente deve farlo lungo sulle strade. La nostra penisola purtroppo non è così ricca di piste ciclabili che ci permettono di pedalare in sicurezza. Dunque l’automobilista deve rispettare il ciclista, così come noi stessi dobbiamo creare il minor numero di disagi alla circolazione, magari evitando di pedalare in due file, soprattutto in strade strette. Io credo che iniziare dalla scuola con alcune ore di educazione stradale obbligatorie sia un importante primo passo. Durante le manifestazioni organizzate il ciclista è molto spesso tutelato dalla presenza delle motoscorta, polizia locale e stradale e dalla direzione di corsa. Ma anche qui vorrei sottolineare un aspetto che non riesco a comprendere”

  • Prego

“Per un rally o altre manifestazioni sportive le strade vengono chiuse per ore. Se sullo stesso tracciato si svolge una granfondo viene accordato una sospensione soltanto per 15’ o 30’. Io credo che tutti abbiamo diritti di fare sport e soprattutto di farlo in sicurezza”.

  • Lei è uno dei cinquantotto abbonati della sua squadra al circuito Coppa Piemonte. Mi può tracciare un suo personale bilancio su questa edizione che si chiude domenica 25 giugno a Courmayeur?

“Un bilancio molto positivo. La Coppa Piemonte è un circuito che ha una propria identità e fa sentire unico ciascuno dei suoi partecipanti. Quest’anno ho apprezzato particolarmente la Bra Bra Specialized e la location di Pollenzo. Ho avuto più volte l’occasione di visitare l’Agenzia e l’abitato di Pollenzo, ma partire in bicicletta dal centro è stato un momento indimenticabile che spero venga riproposto dagli organizzatori. Così come l’opportunità di vivere per un giorno il centro carloalbertino. Percorsi bellissimi anche quelli del Giro delle Valli Monregalesi, Novi Ligure dove la pioggia ha purtroppo limitato la partecipazione, così come Andora e Ha iniziato a pedalare dieci anni or sono, quando un amico gli ha regalato la sua bicicletta da corsa. Un regalo accettato con entusiasmo, pur non avendo la passione per lo sport delle due ruote. Era affascinato dalle imprese di Marco Pantani, che seguiva in televisione durante i grandi giri, ma non conosceva il movimento ciclistico amatoriale, l’attività di fondo e le gare in circuito.

La curiosità e la voglia di misurarsi con sé stesso e gli altri in sella a quella bicicletta conquista ben presto Bartolomeo Ranocchia, impiegato quarantenne che inizia così a pedalare al fianco di colui che gli ha regalato quell’appassionante mezzo. Dopo due anni di salutari uscite decide di mettersi in gioco e ottenuto il tesserino da cicloamatore partecipa ad una granfondo che si tiene nel comprensorio cuneese. “Ho pedalato per duecentocinque chilometri affrontando i 4400 metri di dislivello del percorso lungo. Ho sofferto molto anche perché non avevo la preparazione ideale, ma proprio da questa sofferenza ho trovato la spinta per continuare a partecipare alle granfondo e affrontare i percorsi lunghi. Da cinque stagioni ormai sono tesserato con la società Gs Passatore, un fantastico gruppo di amici, retto da una persona straordinaria come Marco Bersezio”.

  • Cosa è per lei l’attività amatoriale?

“Un affascinante attività sportiva da condividere con altri appassionati, pedalando lungo le stesse strade, ma con traguardi diversi. Praticando questo sport ho potuto costatare che la parte migliore di ogni esperienza è sempre nelle persone che si incontrano e nel piacere di condividere con altri le emozioni, la fatica, la gioia di aver raggiunto un traguardo. Sensazioni che non ho trovato nelle altre discipline in cui mi sono misurato”.

  • Quali sono le difficoltà maggiori che incontra per allenarsi?

“Come la maggior parte degli appassionati di questo sport, devo far coesistere famiglia, lavoro e passione sportiva. Dunque posso allenarmi al termine dell’attività lavorativa sottraendo magari qualche ora alla famiglia e al mio tempo libero. Spesso esco in bici da solo e ogni volta è come fare un viaggio all’ interno di me stesso. Durante il quale ripercorro alcuni momenti della mia vita e della società che mi circonda o riesco ad analizzare a fondo delle problematiche a cui dare una risposta. Dopo la morte di Michele Scarponi ho più volte pensato a come tutelare la sicurezza di noi ciclisti in gara e durante gli allenamenti”

  • E le risposte?

“Credo che il primo passo da fare sia quello di incentivare l’educazione stradale nelle scuole, partendo da quelle elementari. Iniziare ad educare il bambino, sicuramente futuro automobilista, forse non ciclista, al rispetto dei diversi soggetti che utilizzano giornalmente le strade. Il ciclista non è un ostacolo alla circolazione veicolare, ma una persona che svolge attività sportiva e forzatamente deve farlo lungo sulle strade. La nostra penisola non è così ricca di piste ciclabili che ci permettono di pedalare in sicurezza. Dunque l’automobilista deve rispettare il ciclista, così come noi stessi dobbiamo creare il minor numero di disagi alla circolazione, magari evitando di pedalare in due file, soprattutto in strade strette. Io credo che iniziare dalla scuola con alcune ore di educazione stradale obbligatorie sia un importante primo passo. Durante le manifestazioni organizzate il ciclista è molto spesso tutelato dalla presenza delle scorte tecniche, polizia locale e stradale e dalla direzione di corsa. Ma anche qui vorrei sottolineare un aspetto che non riesco a comprendere”

  • Prego

“Per un rally o altre manifestazioni sportive le strade vengono chiuse per ore. Se sullo stesso tracciato si svolge una granfondo viene accordato una sospensione soltanto per 15’ o 30’. Io credo che tutti abbiamo diritti di fare sport e soprattutto di farlo in sicurezza”.

  • Lei è uno dei cinquantotto abbonati della sua squadra al circuito Coppa Piemonte. Mi può tracciare un suo personale bilancio su questa edizione che si chiude domenica 25 giugno a Courmayeur?

“Un bilancio molto positivo. La Coppa Piemonte è un circuito che ha una propria identità e fa sentire unico ciascuno dei suoi partecipanti. Quest’anno ho apprezzato particolarmente la Bra Bra Specialized e la location di Pollenzo. Ho avuto più volte l’occasione di visitare l’Agenzia e l’abitato di Pollenzo, ma partire in bicicletta dal centro è stato un momento indimenticabile che spero venga riproposto dagli organizzatori. Così come l’opportunità di vivere per un giorno il centro carloalbertino. Percorsi bellissimi anche quelli del Giro delle Valli Monregalesi, Novi Ligure dove la pioggia ha purtroppo limitato la partecipazione, così come Andora e Valli D’Oltrepò. Tra dieci giorni vivremo l’ultimo atto a Courmayeur”

 

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